Durata del contratto di locazione. Problemi pratici e casistica giurisprudenziale.
Si vuole oggi descrivere la disciplina prevista per la durata del contratto di locazione di immobili ad uso abitativo.
Preliminarmente occorre fornire la definizione di contratto di locazione, che ai sensi dell' art. 1571 c.c. è definito come il negozio giuridico mediante il quale “una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo e verso pagamento di un determinato corrispettivo”.
Con riferimento alla sua durata il codice civile si limita a stabilire un termine massimo, fissandolo, all'art. 1573 c.c., in 30 anni e stabilendo che se la locazione è stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, la stessa è ridotta al predetto termine. Nulla viene detto con riferimento alla durata minima del contratto.
Le disposizioni del codice civile in materia di durata della locazione, tuttavia, hanno un'importanza residuale, in particolare per quanto riguarda la locazione di beni immobili.
Per tali beni, infatti, occorre far riferimento alle regole speciali dettate dalla L. 392/1978, che distingue la locazione di immobili urbani (e la sua durata) a seconda che gli stessi siano adibiti a uso abitativo o a uso diverso da quello abitativo, ferma restando la particolare disciplina dettata per gli immobili vincolati ai sensi della L. 1089/1939 e per gli immobili di interesse storico o artistico, di edilizia residenziale pubblica o locati per finalità turistiche continuano a valere le regole del codice civile.
Le disposizioni della L. 392/1978 vanno integrate con quanto previsto dalla L. 431/1998, in forza della quale, per la locazione di immobili a uso abitativo, le parti hanno in sostanza un'autonomia contrattuale limitata, essendo libere nella determinazione del canone, ma vincolate al limite minimo di quattro anni di durata con rinnovo automatico per altri quattro anni.
Vediamo nel dettaglio.
In tema di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, l’art. 2, comma 1, L. 432/98 dispone che “le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni”.
Tale termine di durata, però, non è l’unico previsto dalla Legge in esame.
Il comma terzo del medesimo articolo, infatti, in deroga a quanto previsto dal sopracitato precetto normativo, dispone che “in alternativa a quanto previsto dal comma 1, le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, anche in relazione a quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, nel rispetto comunque di quanto previsto dal comma 5 del presente articolo, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative, che provvedono alla definizione di contratti-tipo”.
In particolar modo il comma 5, dell’art. 2, L 432/98 dispone come “i contratti di locazione stipulati ai sensi del comma 3 non possono avere durata inferiore ai tre anni, ad eccezione di quelli di cui all'articolo 5”.
Ebbene in merito al sopracitato art. 5, rubricato “contratti di locazione di natura transitoria” appare opportuno soffermarsi per fornirne la definizione e delinearne compiutamente la disciplina.
Il contratto di locazione abitativa a uso transitorio è stato introdotta dal Legislatore al fine di poter soddisfare determinate esigenze temporanee ben individuate, e non turistiche, di una delle due parti contraenti.
Tale contratto, atteso il suo carattere di eccezionalità, è soggetto alla precisa e stringente disciplina dettata dal D.M. 30 dicembre 2002, il quale individua inderogabilmente la forma e la durata a cui tale negozio giuridico deve sottostare per essere considerato vigente tra le parti.
In particolar modo l’art. 2, comma 1, del D.M. 30 dicembre 2002 prevede che “i contratti di locazione di natura transitoria di cui all'articolo 5, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, hanno durata non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi. Tali contratti sono stipulati per soddisfare particolari esigenze dei proprietari e/o dei conduttoriper fattispecie - con particolare riferimento a quelle derivanti da mobilità lavorativa - da individuarsi nella contrattazione territoriale tra le organizzazioni sindacali della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative”.
A conferma della rigidità della disciplina dettata per tale negozio giuridico è opportuno rammendare che al comma quarto del medesimo articolo viene stabilito come “I contratti di cui al presente articolo DEVONO prevedere una specifica clausola che individui l'esigenza di transitorietà del locatore e/o del conduttore - da provare quest'ultima con apposita documentazione da allegare al contratto-i quali dovranno confermare il permanere della stessa tramite lettera raccomandata da inviarsi prima della scadenza del termine stabilito nel contratto.”
Nel caso di mancanza di tale “specifica clausola”, ovvero di carenza di documentazione che la comprovi, il comma 5 dispone che “i contratti di cui al presente articolo SONO RICONDOTTI ALLA DURATA PREVISTA DALL'ARTICOLO 2, COMMA 1, DELLA LEGGE 9 DICEMBRE 1998, N. 431 (4 anni + 4 anni), in caso di inadempimento delle modalità di conferma delle esigenze transitorie stabilite nei tipi di contratto di cui al comma 6, ovvero nel caso di mancanza del le esigenze di transitorietà”.
Orbene, esaminata la disciplina del contratto di locazione ad uso transitorio e previamente delineata quella ordinaria dettata dall’art. 2, comma 1, L. 431/98, appare opportuno segnalare come la medesima Legge adotta una norma di chiusura, precisamente l’art. 13, comma 3, il quale è chiaro nel sancire che “è nulla ogni pattuizione volta a derogare ai limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge”.
Pertanto, nella determinazione della durata contrattuale del contratto di locazione di immobile ad uso abitativo, le parti NON possono discostarsi da quanto fin qui esposto, attesa la sottrazione da parte del Legislatore di tale elemento dall’autonomia contrattuale concessa alle stesse exart. 1322 c.c..
Dal punto di vista giurisprudenziale tale principio è stato a più riprese confermato, atteso che “ai fini di un valido ed efficace contratto locativo di natura transitoria a norma del combinato disposto di cui all'art. 5 legge n. 431/98 e D.M. 30 dicembre 2002, occorre la sussistenza delle seguenti condizioni: 1) la previsione di una specifica clausola contrattuale che individui l'esigenza di transitorietà del locatore e/o del conduttore; 2) l'allegazione, al contratto, di un'apposita documentazione atta a provare la suddetta esigenza; 3) la conferma, da parte dei contraenti, del permanere di essa, tramite lettera raccomandata da inviarsi prima della scadenza del termine. In definitiva, o ricorrono tali condizioni e si soddisfano le dette modalità, volte a giustificare obbiettivamente la deroga alla disciplina ordinaria oppure, quali che siano le cause del mancato soddisfacimento dei presupposti contemplati, oppure il contratto locativo non può avere una durata inferiore a quella ordinaria con l'ulteriore conseguenza che, in difetto di prova dei requisiti richiesti, va ricondotto nell'alveo dei contratti di cui all'art. 2 commi 2 e 3 legge n.431/98" (Cass. Sent. n. 4075/2014, in www.condominioweb.com).
E ancora “deve ritenersi nulla la clausola relativa alla durata, per la quale la legge del 1998 prevede che il contratto abbia durata di quattro anni più quattro" (Cass. Sent. n. 1619/2015, in www.condominioweb.com).
Ad ulteriore conferma “Per le locazioni ad uso abitativo soggette alla disciplina posta dalla L. n. 431 del 1998, vige la regola generale della durata quadriennale, sicché la norma che consente una durata minore pone un'eccezione che, in quanto tale, non solo deve essere espressamente pattuita, ma deve essere anche espressamente giustificata, con l'ulteriore conseguenza che grava sulla parte interessata un onere di allegazione e prova sia di detta clausola che della ragione di deroga delle norme sulla durata legale. Incombe pertanto al locatore che eccepisca la destinazione dell'immobile ad uso transitorio dimostrare la ricorrenza dei relativi presupposti” (Cass. Sent. n. 19435/2008, in www.studiocataldi.it).
Dott. Alessandro Maggi (Trainee Lawyer Qualified)
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