Il procedimento dinanzi alla Corte di Cassazione: questioni pratiche.
Come verrà ora analizzato il procedimento di impugnazione avanti la Suprema Corte di Cassazione si svolge fra mille difficoltà operative e numerosi formalismi da osservare.
Il ricorso in cassazione può essere presentato avverso i provvedimenti emessi dai giudici ordinari in grado di appello o in grado unico: i motivi esposti per sostenere il ricorso possono essere, in materia civile, la violazione del diritto materiale (errores in iudicando) o procedurale (errores in procedendo), i vizi della motivazione (mancanza, insufficienza o contraddizione) della sentenza impugnata, o, ancora, i motivi relativi alla giurisdizione.
La Corte, con l’eccezione di alcune ipotesi tassative, non può riesaminare il merito della controversia, ma deve limitarsi a riconoscere i vizi ed eventualmente ad annullare (cassare) la sentenza (c.d. giudizio rescindente). Il nuovo esame della controversia (c.d. giudizio rescissorio), se necessario, è, di regola, rimesso ad altro giudice, detto del rinvio.
I vizi del provvedimento denunciabili in cassazione sono tassativamente indicati dalla Legge e devono essere denunciati mediante autonomi motivi di ricorso. Con tale mezzo di impugnazione non si può lamentare la generica ingiustizia della sentenza impugnata come nell'appello.
La proposizione del ricorso impedisce il passaggio in giudicato della sentenza di cui si chiede l'annullamento ma non ne sospende la provvisoria esecutorietà. La sospensione di tale esecutorietà può essere ottenuta soltanto a seguito di apposita istanza, da proporre al giudice che ha emesso la sentenza (art. 373 c.p.c.), quando dall'esecuzione può derivare un danno grave e irreparabile.
- A) Termini
La parte interessata che vuole proporre il ricorso in Cassazione deve farlo entro i seguenti termini perentori:
- 60 giorni, decorrenti dal giorno in cui la parte stessa ha ricevuto la notifica della sentenza oggetto di ricorso (art. 325 c. 2 c.p.c.);
- 6 mesi, decorrenti dal giorno di pubblicazione della sentenza (art. 327 c. 1 c.p.c.). Questo termine lungo si applica se la sentenza non è stata notificata alla parte o se la notifica è nulla.
Se le parti non impugnano la sentenza nei suddetti termini decadono dalla possibilità di farlo e la sentenza passa in giudicato.
- B) Provvedimenti impugnabili
Possono essere impugnate innanzi alla corte di cassazione le sentenze, definitive o non definitive, pronunciate "in grado d'appello" (art. 360 c. 1 c.p.c.) dalla corte d'appello o dal tribunale.
La parte soccombente che decide di impugnare immediatamente la sentenza non definitiva deve farlo nei termini di Legge sopra indicati e con le modalità ordinarie.
L'impugnazione immediata non preclude la possibilità di impugnare la sentenza definitiva una volta emessa, né impedisce la prosecuzione del giudizio di appello.
- C) Legittimazione e interesse a ricorrere
Il ricorso in Cassazione può essere promosso se il ricorrente:
- è legittimatoa ricorrere in cassazione: deve cioè essere stato parte del giudizio deciso con la sentenza o con il provvedimento che si vuole impugnare;
- ha interessea ricorrere (art. 100 c.p.c.): deve cioè essere stato soccombente nel giudizio nel quale è stata pronunciata la sentenza oggetto di ricorso
- D) Motivi di ricorso
Chi impugna una sentenza o un provvedimento davanti alla Corte di Cassazione deve precisare i motivi del ricorso che devono essere ricompresi tra quelli indicati in modo tassativo dalla legge (all'art. 360 c. 1 c.p.c.): deve cioè indicare quali errori o quali vizi di diritto relativi al procedimento hanno compromesso la regolarità e la correttezza del giudizio di merito.
La cassazione può esaminare le sole questioni che hanno già formato oggetto del giudizio di merito, salvo il potere di rilievo ufficioso da parte della corte, soggetto ai limiti previsti caso per caso dalla legge.
I motivi di ricorso possono dividersi in due grandi categorie e a ciascuna categoria corrisponde una diversa estensione dei poteri della corte:
- a) motivi relativi a vizi del procedimento (c.d. errors in procedendo): vi rientrano gli errori in cui può essere incorso il giudice di merito nell'applicare le norme processuali. La corte che esamina tali vizi è giudice anche del fatto (processuale): può cioè riesaminare gli atti del giudizio e interpretare e valutare direttamente le risultanze del processo per verificare la corretta applicazione delle norme di rito. I poteri della corte possono però riguardare solo i fatti accaduti nel processo e risultanti dal fascicolo.
Gli errores in procedendo sono (art. 360 cpc c.1,n.1-2-4-5):
- motivi relativi alla giurisdizione
- violazione delle norme sulla competenza (quando non è prescritto il regolamento di competenza);
- nullità della sentenza o del procedimento;
- omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
- b) motivi relativi ai vizi del giudizio (errores in iudicando): vi rientrano gli errori in cui può incorrere il giudice nell'individuare e applicare le norme di diritto sostanziale che regolano il rapporto definito nella sentenza. La corte che esamina tali motivi non può entrare nel merito dei fatti prospettati nel giudizio, ma deve limitarsi a eseguire un controllo di legittimità, senza rinnovare il giudizio di merito.
Gli errores in iudicandosono quelli presi in considerazione dall’art. 360 cpc, c.1, n. 3 con la formula violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi di lavoro.
INTRODUZIONE DEL GIUDIZO
Per instaurare il giudizio innanzi alla corte di cassazione e impedire il passaggio in giudicato della sentenza, la parte interessata deve notificare alla controparte un ricorso. Così facendo instaura il procedimento diventando il "ricorrente".
Il destinatario del ricorso (c.d. resistente) può notificare, nei termini di legge, un controricorso con il quale, se necessario, può a sua volta impugnare i capi della sentenza che lo vedono soccombente (e in tal caso propone il c.d. ricorso incidentale). Il ricorrente può rispondere al ricorso incidentale notificando un controricorso in replica.
Il ricorso deve essere proposto con unico atto, a pena di inammissibilità. Pertanto non è possibile notificare successivamente un atto che modifichi, integri o corregga il primo.
- A) CONTENUTO
Il ricorso per cassazione deve contenere determinati elementi indicati dalla legge, a pena di inammissibilità.
In primo luogo, il ricorso deve essere sottoscritto dall’Avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale e diretto alla corte di cassazione (art. 365 c.p.c.). L'intestazione deve riportare semplicemente "Corte di Cassazione" o "Corte Suprema di Cassazione".
Deve poi contenere i seguenti elementi elencati all’art. 366 c.p.c.:
- indicazione delle parti;
- indicazione della sentenza o decisione impugnata;
- esposizione sommaria dei fatti della causa;
- indicazione della procura, se conferita con atto separato (eventuale indicazione del decreto d'ammissione al gratuito patrocinio)
- i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo quanto previsto dall’articolo 366 bis;
- indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda;
- elezione di domicilio.
Questioni nuove
In cassazione, di regola, è vietato proporre questioni nuove, con l'eccezione di quelle procedurali rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio (quali ad esempio il difetto di giurisdizione, il difetto di legittimazione delle parti, la violazione non sanata o non sanabile del contraddittorio, l'improponibilità o l'improcedibilità dell'azione). L'unico limite al rilevamento di tali questioni è costituito dal formarsi del c.d. giudicato interno.
Indicazione di atti, documenti e contratti o accordi collettivi
Il ricorrente deve elencare in modo specifico nel ricorso gli atti, i documenti e i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda (art. 366 c. 1 n. 6 c.p.c.). In tal modo il ricorrente delimita il campo in cui deve operare la corte: essa non può fondare la sua decisione su risultanze diverse da quelle che emergono dagli atti e dai documenti indicati dal ricorrente.
Il ricorrente deve necessariamente specificare (Cass. SU 4 dicembre 2015 n. 24708):
- gli elementi che valgono ad individuarlo;
- in quale sede processuale l'atto o il documento è stato prodotto, ossia allegare dove nel processo è rintracciabile e precisare l'esatta collocazione nel fascicolo d'ufficio o in quello di parte.
La mancanza di tali indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. 20 giugno 2019 n. 16579).
- B) DOCUMENTI DA ALLEGARE AL RICORSO
Il ricorrente deve depositare presso la cancelleria della corte di cassazione i seguenti documenti, sempre a pena di improcedibilità (art. 369 c.p.c.);
- ricorso in cassazione in originale( al ricorso si deve allegare la relata di avvenuta notifica alla controparte, pena l'inammissibilità del ricorso (Cass. 26 gennaio 2016 n. 1423).
- copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notifica (se avvenuta) oppure dei provvedimenti da cui risulta il conflitto di giurisdizione o di attribuzione;
- procura speciale conferita con atto separato;
- atti processuali, documenti, contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda;
- richiesta del ricorrente alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (o del quale si contesta la giurisdizione) di trasmettere il fascicolo d'ufficio alla cancelleria della cassazione. La richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto(in questo caso non è prescritta alcuna sanzione, ma la Corte ha ritenuto che in caso di mancato deposito della richiesta il ricorso è improcedibile solo se il fascicolo d'ufficio contiene documenti indispensabili per la decisione (Cass. SU 17 febbraio 1988 n. 1681, Cass. 3 marzo 2011 n. 5108).
Presso la cancelleria della corte devono essere depositati anche:
- i fascicoli di parte dei precedenti gradi di giudizio, depositabili anche se non prodotti prima, come ad esempio il fascicolo di primo grado non depositato in appello (Cass. 22 maggio 2006 n. 11942);
- 7 copie del ricorso complete di relata di notifica;
- 7 copie del provvedimento impugnato. Se il ricorso è presentato con modalità telematiche, la parte non ha tale onere di deposito (art. 137 disp.att. c.p.c.);
- la nota d'iscrizione a ruolo compilata e sottoscritta dall'avvocato del ricorrente;
- la ricevuta del pagamento del contributo unificato e dell'imposta fissa per la registrazione degli atti giudiziari (salvo alcuni giudizi: v. n.3330).
Ammissibilità di nuovi documenti
Di regola è vietato il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo; tuttavia, è possibile depositare quelli riguardanti la nullità della sentenza impugnata e l'ammissibilità del ricorso e del controricorso (art. 372 c. 1 c.p.c.).
I documenti che riguardano la nullità della sentenza impugnata sono esclusivamente quelli che dimostrano vizi intrinseci della sentenza per mancanza di requisiti essenziali.
Il deposito dei documenti relativi all'ammissibilità può avvenire indipendentemente da quello del ricorso e del controricorso, ma deve esserne notificato un elenco alle altre parti (art. 372 c. 2 c.p.c.).
- C) NOTIFICA E DEPOSITO DEL RICORSO
Il ricorrente tramite il proprio avvocato, deve notificare il ricorso alle parti interessate entro 60 giorni dalla notifica della sentenza o, in mancanza, entro 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza, pena l'inammissibilità del ricorso.
La notifica del ricorso deve essere fatta all'avvocato della controparte.
Il ricorrente deve poi depositare il ricorso e gli altri documenti indicati dalla legge presso la cancelleria della corte di cassazione entro 20 giorni dall'ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto, a pena di improcedibilità (art. 369 c. 1 c.p.c.).
- D) SOSPENSIONE DELL’ESECUZIONE DELLA SENTENZA IMPUGNATA
In generale il ricorso per cassazione non sospende automaticamente l'esecuzione della sentenza (art. 373 c. 1 c.p.c.). Tuttavia se dall'esecuzione può derivare il pericolo di un grave e irreparabile danno, la parte può chiedere la sospensione al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
La gravità e irreparabilità del danno vanno valutate con riferimento alla sproporzione tra il vantaggio che la parte ricava dall'esecuzione e il pregiudizio che deriva a chi la subisce (Trib. Brindisi 29 novembre 2001).
CONTRORICORSO E RICORSO INCIDENTALE
La parte a cui è stato notificato ricorso in cassazione può resistere all'impugnazione avversaria proponendo un controricorso (art. 370 c.p.c.). Se vuole a sua volta impugnare dei capi della sentenza rispetto ai quali è soccombente deve proporre, con il controricorso stesso, un ricorso incidentale.
Controricorso
Il controricorso deve essere redatto e sottoscritto dall'avvocato della parte cui è stato notificato il ricorso.
L'avvocato dev'essere iscritto nell'albo speciale per il patrocinio innanzi alle magistrature superiori, a pena di inammissibilità dell'atto.
Il controricorso deve essere diretto alla corte di cassazione e deve essere proposto con un unico atto. La notificazione successiva di un nuovo atto, al fine di modificare o integrare il primo, è inammissibile (Cass. 3 marzo 2015 n. 4249).
In generale, il controricorso deve avere gli stessi requisiti di contenuto richiesti per il ricorso in cassazione, a pena di inammissibilità (art. 370 c. 2 c.p.c. richiama espressamente gli artt. 365 e 366 c.p.c.).
In particolare nel controricorso:
- l'esposizione sommaria dei fatti di causa non è richiesta a pena di inammissibilità (Cass. 26 marzo 2012 n. 4819): è sufficiente il riferimento ai fatti esposti nella sentenza impugnata o nella narrazione contenuta nel ricorso, anche se il richiamo è solo implicito (Cass. 4 settembre 2017 n. 20713, Cass. 21 settembre 2015 n. 18483, Cass. 28 maggio 2010 n. 13140, Cass. 30 novembre 2007 n. 25015). Una tesi minoritaria ritiene invece che la mancanza di tale requisito determina sempre l'inammissibilità del controricorso, anche quando è possibile desumere i fatti di causa dal ricorso e dal contenuto della sentenza impugnata (Cass. 29 luglio 2004 n. 14474);
- è necessario indicare i motivi di diritto su cui il controricorso si fonda, a pena di inammissibilità (Cass. 4 settembre 2017 n. 20713, Cass. 26 marzo 2012 n. 4819, Cass. 13 marzo 2006 n. 5400); è ammessa un'enunciazione minima delle ragioni per le quali si resiste, ma non ci si può limitare a un mero rinvio alle argomentazioni precedenti (Cass. 9 ottobre 1996 n. 8835) o a una generica confutazione (Cass. 21 aprile 1997 n. 3421).
- Precisazioni
1) Il controricorso è inammissibile se la procura alle liti è stata apposta in calce alla copia notificata del ricorso principale (Cass. 11 settembre 2009 n. 19697, Cass. 13 marzo 2007 n. 5867).
2) Se il ricorso per cassazione non è stato depositato, l'ammissibilità del controricorso presentato per sentire dichiarare l'improcedibilità del ricorso per omesso deposito richiede che l'intimato alleghi copia del ricorso a lui notificata (Cass. 25 febbraio 2020 n. 4917).
3) L'autonoma esposizione sommaria dei fatti della causa è necessaria solo in caso di impugnazione incidentale, stante l'autonomia di questa rispetto all'impugnazione principale; tuttavia, se il controricorrente, senza proporre impugnazione incidentale, solleva un'eccezione sull'ammissibilità del ricorso che implica una valutazione sul materiale documentale delle fasi di merito, il controricorso deve contenere una sufficiente ed autonoma esposizione dei fatti di causa inerenti a dette eccezioni, in modo da consentire alla corte di verificarne la portata, dalla sola lettura dell'atto (Cass. 17 gennaio 2019 n. 1150).
Ricorso incidentale
Il resistente che vuole impugnare capi della sentenza rispetto ai quali è rimasto soccombente, deve proporre, con l'atto contenente il controricorso e negli stessi termini, ricorso incidentale (art. 371 c.p.c.).
Per il principio dell'unicità del processo di impugnazione infatti, dopo la notifica del ricorso, ogni altra impugnazione deve essere proposta con ricorso incidentale inserito nel controricorso. Se tale impugnazione è proposta con atto autonomo essa è valida se è rispettato il termine di 40 giorni previsto per il controricorso (Cass. 18 ottobre 2005 n. 20136, Cass. 9 aprile 2003 n. 5578). Per lo stesso motivo, la procura speciale rilasciata per il controricorso si estende anche al ricorso incidentale, per il quale non è richiesta una autonoma e distinta procura (Cass. 12 agosto 2015 n. 16749).
Il ricorso incidentale deve contenere una esposizione sommaria dei fatti di causa pena l'inammissibilità del ricorso incidentale, pertanto, non ci si può limitare ad un mero rinvio all'esposizione contenuta nel ricorso principale (contrariamente a quanto avviene in caso di proposizione del solo controricorso) (Cass. 21 settembre 2015 n. 18483).
Il resistente non ha l'onere di riproporre davanti alla corte le questioni non decise espressamente dal giudice di secondo grado perché ritenute assorbite e sulle quali è risultato vittorioso.
Precisazioni 1) Il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa in appello e diretto al solo scopo di incidere sulla motivazione della sentenza impugnata è inammissibile (Cass. 16 gennaio 2015 n. 658) in quanto la deduzione può essere formulata nel controricorso (Cass. 24 marzo 2010 n. 7057, Cass. 19 marzo 2007 n. 6519).
2) Nei processi con pluralità di parti, la tempestività dei ricorsi proposti autonomamente dopo il primo, che si convertono sempre in impugnazioni incidentali, deve essere valutata non in relazione al ricorso principale che non sia stato notificato alla parte, ma con riguardo alla data dell'effettiva notifica del primo ricorso incidentale successivo a quello principale (Cass. 4 novembre 2019 n. 28259).
Notifica del controricorso
Il resistente deve notificare il controricorso, con l'eventuale ricorso incidentale, al ricorrente, a pena di inammissibilità, nel domicilio eletto nel termine di 20 giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso (art. 370 c. 1 c.p.c.).
Nel caso di specie l’Avvocato di parte ricorrente ha notificato il ricorso in data 5 agosto 2020.
Pertanto, il ricorso doveva essere depositato in cassazione entro il 25 agosto 2020.
Da quel momento decorrono i 20 giorni per notificare a controparte il controricorso, con scadenza del termine fissata a lunedì 14 settembre 2020.
In caso di mancata o tardiva notifica il controricorso è inammissibile (Cass. 30 aprile 2005 n. 9023, Cass. 26 novembre 2001 n. 14944). In tal caso la parte non può presentare memorie, ma può partecipare alla discussione orale (art. 370 c. 1 ultima parte c.p.c.), più precisamente la giurisprudenza precisa che:
- in mancanza di notifica il resistente che vuole partecipare alla discussione deve conferire all'avvocato una procura speciale con atto separato, nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata (Cass. SU 12 marzo 2003 n. 3602, Cass. 28 gennaio 2005 n. 1737). La procura non deve essere previamente notificata al ricorrente (Cass. 22 gennaio 2001 n. 875);
- in caso di notifica tardiva, l'avvocato può partecipare all'udienza di discussione munito della procura speciale apposta sul controricorso (Cass. 13 maggio 2010 n. 11619, Cass. 27 maggio 2005 n. 11275).
In merito al luogo di notificadel controricorso, si applicano le seguenti regole:
- nel ricorso il domicilio è eletto in Roma: il controricorso va notificato al domicilio eletto art. 366 c. 2 c.p.c;
- nel ricorso il domicilio è eletto in Roma ed è stata indicata anche la PEC: il controricorso va notificato al domicilio eletto (Cass. 10 novembre 2015 n. 22892, Cass. 16 gennaio 2015 n. 709, Cass. 16 luglio 2015 n. 14969);
- nel ricorso è stata indicata la sola PEC: il controricorso va notificato all’indirizzo PEC (Cass. 10 novembre 2015 n. 22892, Cass. 27 novembre 2014 n. 25215);
- nel ricorso non vi è alcuna indicazione: il controricorso va notificato alla cancelleria della cassazione (art. 366 c. 2 c.p.c.)
Deposito del controricorso
Il controricorso, con l'eventuale ricorso incidentale, deve essere depositato nella cancelleria della corte con gli atti (tra cui la copia del ricorso notificato), i documenti e la procura speciale (se conferita con atto separato) entro 20 giorni dalla notifica (art. 370 c. 3 c.p.c.).
Nel caso di specie il controricorso dovrà essere depositato nella cancelleria della corte entro il 5 ottobre 2020.
Con il deposito avviene la costituzione in giudizio del resistente.
Se il ricorrente principale deposita copia della sentenza o della decisione impugnata, non è necessario che la depositi anche il ricorrente in via incidentale (art. 371 c. 5 c.p.c.).
Il mancato o tardivo deposito del controricorso ne determina l'improcedibilità (Cass. 4 giugno 2010 n. 13622, Cass. 16 gennaio 2007 n. 840).
Il deposito di copia analogica del controricorso, predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, è ammissibile se il controricorrente deposita copia informale del proprio atto di costituzione, insieme alle attestazioni delle ricevute della notifica a mezzo PEC, a condizione che il ricorrente non contesti la conformità dell'atto analogico depositato con l'originale ricevuto presso la propria casella PEC (Cass. 13 dicembre 2018 n. 32231).
Controricorso in replica
Il ricorrente principale a cui è stato notificato ricorso incidentale può rispondere alle tesi in esso esposte mediante un controricorso in replica, ossia con un atto che ha le stesse caratteristiche del controricorso (art. 371 c. 4 c.p.c.).
Il controricorso in replica (art. 370 c.p.c. richiamato dall'art. 371 c. 4 c.p.c.):
- deve essere notificato nel domicilio eletto dal ricorrente incidentale entro 20 giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso incidentale;
- entro 20 giorni dalla sua notifica deve essere depositato in cancelleria.
ASSEGNAZIONE DEL RICORSO
Depositato il ricorso, il primo presidente della corte di cassazione lo esamina e lo assegna:
- nei casi indicati dalla legge alle sezioni unite (in alcuni è obbligatorio, in altri è discrezionale);
- in tutti gli altri casi alla sezione-filtro che verifica se il giudizio può essere immediatamente definito (per manifesta fondatezza, infondatezza o per inammissibilità); se ciò non è possibile il presidente assegna il ricorso alle sezioni semplici (art. 376 cpc).
L’art. 374 c.p.c. prevede che le la corte si pronunci a SU nei seguenti casi:
- motivi attinenti alla giurisdizione;
- motivi attinenti alla giurisdizione, se sulla questione si sono già pronunciate le SU (discrezionale);
- impugnazioni delle decisioni del consiglio di Stato e della corte dei conti;
- - conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari
- conflitti negativi di attribuzione tra la P.A. e il giudice ordinario;
- ricorsi che presentano una questione di diritto già decisa in senso difforme dalle sezioni semplici (discrezionale).
- questioni di massima di particolare importanza (discrezionale).
Come si è già accennato, fuori dei casi di assegnazione alle sezioni unite, il primo presidente assegna i ricorsi ad un'apposita sezione-filtro la quale verifica se ci sono i presupposti per definire immediatamente il giudizio, per manifesta fondatezza o infondatezza o per inammissibilità (art. 376 c. 1 primo periodo c.p.c. che richiama l'art. 375 c. 1 n. 1 e 5 c.p.c.).
Se viene ravvisata un'ipotesi di inammissibilità, di manifesta infondatezza o di manifesta fondatezza del ricorso, il presidente (dal 29 ottobre 2016) su proposta del relatore della sezione-filtro fissa con decreto l'adunanza della corte (art. 380 bis c. 1 c.p.c.).
Almeno 20 giorni prima della data stabilita per l'adunanza, il decreto è notificato agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare memorie non oltre 5 giorni prima (art. 380 bis c. 2 c.p.c.).
Il procedimento si svolge in camera di consiglio (art. 380 bis c. 1 c.p.c.).
La sezione-filtro definisce il giudizio con ordinanza (art. 375 c. 1 c.p.c.).
Se invece, in base a un esame sommario, la sezione-filtro non ritiene di poter definire il giudizio con ordinanza in camera di consiglio, in quanto ravvisa la mancanza dei presupposti di inammissibilità o manifesta fondatezza o infondatezza, il presidente (dal 29 ottobre 2016), omessa ogni formalità, rimette gli atti alla sezione semplice (art. 376 c. 1 secondo periodo c.p.c.).
TRATTAZIONE
La cassazione adotta la sua decisione in udienza pubblica oppure in camera di consiglio. Pronuncia con ordinanza in camera di consiglio nei seguenti casi previsti dall’art. 375 c.p.c.:
1) dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto, anche per mancanza dei motivi previsti dall’art. 360;
2) pronunciare sulle istanza di regolamento di competenza e di giurisdizione;
3) accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza.
Pronuncia in pubblica udienza (art. 375 c.2 cpc):
- quando, data la particolare rilevanza della questione di diritto su cui ci si deve pronunciare la trattazione in pubblica udienza è opportuna;
- quando il ricorso è stato rimesso alla sezione semplice in esito alla camera di consiglio in sezione-filtro che non ha definito il giudizio.
Di regola in tutti gli altri casi la cassazione pronuncia in camera di consiglio con ordinanza.
Si segnala che alla luce dell’emergenza sanitaria causata da COVID-19, la cassazione, la procura generale presso la cassazione e il CNF hanno stipulato un protocollo d’intesa per la trattazione tramite strumento telematico delle adunanze civili. In tale documento in particolare si specifica il contenuto del provvedimento di fissazione dell'adunanza o udienza camerale, la modalità di invio degli atti del difensore e che la trasmissione della copia informatica dell’originale cartaceo non sostituisce il deposito nelle forme previste dal codice di procedura civile (Protocollo tra cassazione, procura Generale e CNF 9 aprile 2020).
Fissazione dell’udienza
Per i ricorsi assegnati alle sezioni unite il primo presidente, su presentazione del ricorso a cura del cancelliere, fissa l'udienza e nomina il relatore (art. 377 c. 1 primo periodo c.p.c.). Per i ricorsi assegnati alle sezioni semplici provvede allo stesso modo il presidente della sezione (art. 377 c. 1 secondo periodo c.p.c.).
Memorie delle parti
Le parti, non oltre 5 giorni prima dell'udienza, possono depositare in cancelleria le loro memorie (art. 378 c.p.c.).
Insieme all'originale della memoria, devono depositare almeno 3 copie in carta libera, oltre alle copie per ciascuna delle altre parti; in mancanza il cancelliere non può ricevere l'atto (art. 140 disp.att. c.p.c.).
Se il resistente non ha depositato il controricorso, è irricevibile la memoria difensiva presentata in prossimità dell'udienza con la quale spiega, per la prima volta, le ragioni di resistenza al ricorso, perché, in assenza di controricorso, la parte intimata non può presentare memorie (Cass. 15 novembre 2017 n. 27140).
Allo stesso modo è inammissibile una "memoria di costituzione" presentata dal resistente anche nel caso in cui quest'ultimo non abbia previamente notificato al ricorrente il controricorso nel termine previsto al n. 5340 e s.
Le parti con le memorie possono illustrare e chiarire le censure già formulate nei ricorsi principali e incidentali (Cass. 23 agosto 2011 n. 17603, Cass. 29 marzo 2006 n. 7237). Possono anche sollevare questioni nuove rilevabili d'ufficio, purché basate su atti interni del processo (Cass. 26 giugno 2006 n. 14710, Cass. 26 aprile 2005 n. 8662) e fatti sopraggiunti e nuovi che non ampliano l'ambito della decisione già individuato nel ricorso e nel controricorso (Cass. 3 ottobre 1989 n. 3969).
Le parti non possono invece:
- dedurre eccezioni o questioni nuove (Cass. SU 15 maggio 2006 n. 11097, Cass. 30 maggio 2011 n. 11946, Cass. 10 marzo 2010 n. 5795);
- ampliare o integrare il contenuto degli originari motivi d'impugnazione (principio della consumazione del diritto di impugnazione che si verifica con la proposizione del ricorso introduttivo: Cass. SU 18 luglio 2013 n. 17556);
- specificare motivi dedotti in maniera vaga e indeterminata (Cass. 20 febbraio 2009 n. 4240, Cass. 7 luglio 2003 n. 10683) o sanare eventuali carenze di specificità dei motivi (Cass. 4 giugno 2003 n. 8917).
Deliberazione della sentenza
Dopo la discussione della causa la corte, nella stessa seduta, delibera la sentenza (art. 380 c. 1 c.p.c.).
La decisione è adottata in segreto in camera di consiglio (l'art. 380 c. 2 c.p.c. richiama a tal proposito la norma dell’art. 276 c.p.c.). Alla delibera partecipano solo i giudici che hanno assistito alla discussione (art. 276 c. 1 secondo periodo c.p.c.).
Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi l'intera causa (art. 276 c. 2 c.p.c.).
La decisione è presa a maggioranza di voti.
Chiusa la votazione, il presidente scrive e sottoscrive il dispositivo. Se non provvede personalmente il presidente (o quest'ultimo decide di affidarla all'altro giudice), la motivazione è stesa dal relatore (art. 276 c. 5 c.p.c.).
Copia della sentenza è trasmessa (anche in via telematica) dal cancelliere della corte a quello del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, affinché ne sia presa nota in margine all'originale di quest'ultima (art. 388 c.p.c.).
DECISIONE
La decisione della corte di cassazione può essere di inammissibilità o di improcedibilità, di rigetto o di accoglimento del ricorso.
Non è prevista in cassazione la lettura del dispositivo in udienza, pertanto la corte può modificare l'originario dispositivo sino al momento della pubblicazione della sentenza (Cass. 11 maggio 2005 n. 9892).
Rigetto del ricorso
La corte rigetta il ricorso nel merito per infondatezza dei motivi in esso addotti.
In tal caso la decisione impugnata passa in giudicato formale.
Quando il vizio denunciato dal ricorrente riguarda solo una questione di diritto ossia l'errata motivazione della sentenza impugnata (errores in iudicando), ma il dispositivo della sentenza è conforme al diritto, la corte rigetta il ricorso ma corregge la motivazione (art. 384 c. 4 c.p.c.) o la sostituisce con altra corretta per impedire che si formi un precedente che potrebbe portare in futuro a decisioni scorrette.
Accoglimento del ricorso
La corte quando accoglie il ricorso adotta un provvedimento con cui "cassa" (e cioè annulla) la sentenza impugnata. Con la "cassazione" della sentenza può prendere due tipi diversi di decisione, a seconda del tipo di questione che è chiamata a risolvere:
- può rinviare la decisione a un giudice di pari grado rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza (cassazione con rinvio) ordinando che il giudizio prosegua;
- può decidere di non rinviare la sentenza ad alcun giudice (cassazione senza rinvio) quando (art. 382 c. 3 ultima parte c.p.c.):
- l'azione non poteva essere proposta. Sono i casi in cui il vizio ha carattere radicale: ad esempio la mancanza di un requisito dell'azione oppure un vizio d'origine o sopravvenuto del procedimento. In queste ipotesi il procedimento è annullato in radice e il giudizio può solo essere iniziato di nuovo;
- l'appello non poteva essere proseguito, in quanto avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile o improcedibile.
Quando la corte cassa con rinvio la parte interessata alla prosecuzione del giudizio deve riassumere il processo nei termini di legge, pena l'estinzione del processo.
Errore di diritto e questioni di particolare importanza
La corte enuncia il principio di diritto quando (art. 384 c. 1 c.p.c.):
- accerta un errore di diritto sostanziale della sentenza (ai sensi dell'art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c.)
- pur decidendo su motivi del ricorso diversi da quello sopra indicato, risolve una questione di particolare importanza.
Il principio di diritto consiste in una nozione di ordine giuridico che la corte pone come presupposto della sua pronuncia (Cass. 22 febbraio 1995 n. 1952, Cass. 19 gennaio 1985 n. 157). Esso non può essere astratto, ma deve riferirsi alla decisione concreta della lite (Cass. 3 agosto 2002 n. 11650).
Quando enuncia il principio di diritto la cassazione può cassare con rinvio la sentenza o pronunciare direttamente la decisione di merito.
Se la corte enunciando il principio di diritto cassa con rinvio la sentenza, il giudice del rinvio nella formazione del suo giudizio sul merito deve uniformarsi al principio e a quanto statuito dalla corte (art. 384 c. 2 c.p.c.).
Quando la corte enuncia il principio di diritto ma non ritiene necessari ulteriori accertamenti di fatto, può disporre la cassazione della sentenza senza rinvio decidendo direttamente la causa nel merito (art. 384 c. 2 c.p.c.).
Si tratta di un caso eccezionale: la corte pronuncia una sentenza di merito (che si sostituisce a quella impugnata) solo quando non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e la decisione deriva inevitabilmente dal principio di diritto affermato (Cass. 17 giugno 1995 n. 6910).
Spese di giudizio
Quando la corte:
- a) rigetta il ricorso nel merito o lo dichiara inammissibile condanna il ricorrente alle spese (art. 385 c. 1 c.p.c.);
- b) cassa senza rinvio oppure cassa per violazione delle norme sulla competenza: provvede alle spese di tutti i precedenti giudizi, liquidandole essa stessa o rimettendone la liquidazione al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata (art. 385 c. 2 c.p.c.);
- c) cassa e rinvia la causa ad altro giudice, può (art. 385 c. 3 c.p.c.):
- provvedere sulle spese del giudizio di cassazione;
- rimettere la pronuncia sulle spese al giudice di rinvio. Questi deve attenersi al principio della soccombenza applicato all'esito globale del processo. Pertanto, se la parte è vittoriosa in cassazione ma soccombe all'esito finale della lite, può essere condannata al rimborso delle spese in favore dell'altra parte anche per il grado in cassazione (Cass. 15 marzo 2012 n. 4146, Cass. 7 febbraio 2007 n. 2634, Cass. 29 marzo 2006 n. 7243). Sulle spese dei precedenti gradi di giudizio decide il giudice di rinvio, applicando il principio della soccombenza in relazione all'esito finale della lite (Cass. 16 aprile 1992 n. 4686).
Domande conseguenti alla cassazione della sentenza
La parte che ottiene la cassazione e quindi l'annullamento della sentenza impugnata può (art. 389 c.p.c.):
- pretendere la restituzione di quanto versato in adempimento della sentenza annullata (ad esempio chiedere la ripetizione delle spese giudiziali già pagate);
- chiedere la riduzione in pristino della situazione di fatto modificata dalla sentenza;
- proporre ogni altra domanda che, anche in modo indiretto, si ricollega alla sopravvenuta inefficacia del provvedimento impugnato.
Correzione della decisione
Le sentenze della corte di cassazione non sono impugnabili, sono però previsti dei rimedi in caso di errori materiali o di calcolo da cui possono essere affette (e in tal caso è previsto il rimedio della correzione) oppure in caso di errori di fatto (e in tal caso è prevista un particolare tipo di revocazione).
La parte interessata può chiedere la correzione con ricorso (ai sensi dell'art. 365 e s. c.p.c. richiamato dall'art. 391 bis c. 1 primo periodo c.p.c.).
Il ricorso dev'essere notificato alle altre parti del giudizio conclusosi con la sentenza della quale si chiede la correzione.
GIUDIZIO DI RINVIO
Quando la corte cassa con rinvio, il giudizio deve essere riassunto dalla parte interessata avanti al giudice del rinvio non oltre tre mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione, pena l’estinzione del giudizio. Il principio di diritto contenuto nella sentenza della corte conserva comunque il suo effetto vincolante nell'eventualità che inizi un nuovo processo o la domanda sia riproposta (art. 393 secondo periodo c.p.c.).
La parte interessata provvede alla riassunzione con atto di citazione da notificare personalmente alla controparte (art. 392 c. 2 c.p.c.). Tuttavia, se davanti al giudice del rinvio si applicano le norme del processo del lavoro, la riassunzione deve seguire le regole del rito del lavoro.
In sede di rinvio, si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice di primo o di secondo grado al quale la corte ha rinviato la causa (art. 394 c. 1 primo periodo c.p.c.).
Davanti al giudice del rinvio, oltre alla citazione in riassunzione (o al ricorso, a seconda del rito applicabile), deve essere depositata una copia autentica della sentenza di cassazione (art. 394 c. 1 secondo periodo c.p.c.).
Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata (art. 394 c. 2 c.p.c.).
Le parti nel giudizio di rinvio non possono formulare conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio in cui fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessità di formulare nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione (art. 394 c. 3 c.p.c.).
Dott. Emanuele Giungi
(Trainee Lawyer)
Esposizione sommaria dei fatti della causa
Il ricorrente deve indicare nel ricorso l'esposizione sommaria dei fatti di causa (art. 366 c. 1 n. 3 c.p.c.) in maniera specifica e puntuale (principio di autosufficienza dell'atto) tutti gli elementi utili perché il giudice di legittimità possa conoscere in modo completo l'oggetto della controversia, lo svolgimento del processo e le posizioni delle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, compresa la sentenza impugnata (Cass. 28 dicembre 2017 n. 31082, Cass. 13 luglio 2012 n. 11996, Cass. 27 marzo 2009 n. 7460, Cass. 12 giugno 2008 n. 15808). Non è possibile pertanto richiamare per relationemdifese precedenti o altre fonti (Cass. 27 dicembre 2004 n. 24000).
L'esatta riproduzione dell'intero contenuto degli atti processuali nel ricorso comporta però l'inammissibilità dello stesso in quanto obbliga i giudici a dover scegliere quanto effettivamente è rilevante in ordine ai motivi del ricorso (Cass. 16 marzo 2015 n. 5136).
Non è necessario che l'esposizione dei fatti sia separata dai motivi purché le varie vicende del processo e le posizioni dei soggetti che vi hanno partecipato si comprendano esclusivamente dalla lettura del ricorso (Cass. 29 febbraio 2008 n. 5507, Cass. 28 febbraio 2006 n. 4403).
La valutazione dell'autosufficienza dell'atto è rimessa al giudice.
Se il ricorso manca completamente dell'esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato, esso è dichiarato inammissibile. La corte, infatti, prima di esaminare i motivi, deve essere in grado di percepire attraverso l’esposizione riassuntiva dei fatti sia il rapporto giuridico da cui è nata la controversia sia lo sviluppo della vicenda processuale nei vari gradi di giudizio. Tale mancanza non può essere superata neanche attraverso l'esame delle censure in cui si articola il ricorso (Cass. 7 gennaio 2019 n. 122).
Per ottenere l'esame diretto degli atti del giudizio di merito da parte della corte, la parte che voglia far valere un error in procedendodeve riportare nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio, così da consentire alla corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'iter processuale senza compiere generali verifiche degli atti (Cass. 25 settembre 2019 n. 23834).
Indicazione dei motivi
Il ricorso deve indicare i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l'indicazione delle norme di diritto su cui si fondano (art. 366 c. 1 n. 4 c.p.c.).
Per l'approfondimento dei motivi si rinvia alla trattazione al n. 5240 e s.
L'indicazione dei motivi non richiede formule particolari, ma deve essere specifica e completa e riferibile alla sentenza impugnata (Cass. 9 aprile 2013 n. 8569, Cass. 4 settembre 2012 n. 14816, Cass. 6 giugno 2006 n. 13259).
Data la tassatività dei motivi di ricorso, la parte non può omettere di precisare il singolo motivo tra quelli previsti dalla legge (Cass. 13 maggio 2009 n. 11094). La tassatività dei motivi è dovuta al fatto che la cassazione esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa; ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti (Cass. 6 marzo 2019 n. 6519).
Nel caso in cui la normativa in oggetto sia stata interessata da ripetuti interventi legislativi, il ricorrente deve indicare tutti gli elementi indispensabili per individuare la normativa applicabile in quel momento, in quanto, per il principio di autosufficienza del ricorso in cassazione, il giudice di legittimità deve essere in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo (Cass. 28 dicembre 2017 n. 31082).
Quando la sentenza è sorretta da argomentazioni distinte e autonome e singolarmente idonee a sorreggere la sentenza impugnata sul piano logico e giuridico, il ricorrente deve impugnare tutte le argomentazioni: l'omissione di un solo motivo comporta il rigetto dell'intero ricorso per difetto d'interesse (Cass. 21 dicembre 2015 n. 25613, Cass. 24 maggio 2013 n. 12995, Cass. 22 settembre 2011 n. 19254).
Non è, invece, un requisito essenziale l'esplicita enunciazione delle conclusioni, se dal contenuto del ricorso si desume con certezza la volontà del ricorrente di ottenere l'annullamento della decisione (Cass. 31 gennaio 2019 n. 2912).
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