In tema di apprendistato: novità e prassi

Nella presente trattazione si intende delineare la disciplina prevista per la corretta instaurazione di un rapporto di apprendistato professionalizzante così come riformato dal Job’s Act.

L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani.

Tale contratto si caratterizza per la previsione di un periodo iniziale di formazione, al termine del quale il rapporto – salvo interruzione da parte del datore di lavoro – si trasforma in un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Si tratta, dunque, di un contratto rientrante nel “genus” del rapporto di lavoro subordinato, ma a fattispecie speciale, in quanto caratterizzato dalla finalità formativa, diretta all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro e all’addestramento degli stessi mediante percorsi interni o esterni all’azienda.

L’apprendistato, invero, è finalizzato al conseguimento, da parte dell’apprendista, della formazione necessaria ad acquisire le competenze professioni adeguale al ruolo e alle mansioni di assunzione.

Il contratto in esame, dunque, obbliga il datore non solo a corrispondere all’apprendista una somma a titolo retributivo, ma anche ad erogargli la formazione di base e trasversale nel rispetto delle modalità e dei criteri definiti dalla legislazione regionale.

Si precisa che l’obbligazione a contenuto formativo non è accessoria o sussidiaria rispetto a quella retributiva, gravando entrambe sul datore di lavoro come obbligazioni principali a fronte della controprestazione resa dall’apprendista.

È, pertanto, corretto qualificare l’apprendistato come negozio a causa mista, nel quale, alla causa di scambio tipica del rapporto di lavoro subordinato, si affiancano ulteriori finalità formative ed occupazionali, dirette all’acquisizione delle capacità tecnico-professionali da parte del lavoratore.

Tale principio è stato, peraltro, confermato dal costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale “il contratto di apprendistato, che è contratto a causa mista con finalità formative, non può essere stipulato al solo scopo di far svolgere, durante la durata del contratto, le mansioni tipiche del profilo professionale (...) ma deve prevedere al contempo un’attività insegnamento da parte del datore di lavoro, la quale costituisce elemento essenziale e indefettibile del contratto entrando a far parte della causa negoziale” (Cass., sez. Lav., Sent. n. 5375/2018 del 7 marzo 2018, inwww.studiocerbone.it).

L’apprendistato è qualificato come un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nel quale la previsione di una durata minima e massima è riferita al solo periodo di formazione, al termine del quale non segue l’estinzione del rapporto contrattuale, ma la sua prosecuzione come contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Tale ultima previsione costituisce ulteriore conferma della specialità del contratto di apprendistato.

È corretto affermare, pertanto, che le speciali finalità formative ed occupazionali perseguite dal contratto di apprendistato si riflettano sulla sua struttura e disciplina.

La recente riforma del 2015 ha mantenuto ferma l’articolazione dell’apprendistato su tre tipologie.

Tra questi, si distingue l’apprendistato professionalizzante il quale, diversamente dagli apprendistati di I e III tipo – diretti all’acquisizione di un titolo di studio mediante percorsi di alternanza tra studio e lavoro – è rivolto ai giovani che svolgono attività formative per il conseguimento di una qualificazione contrattuale a fini professionali.

Vediamo nel dettaglio.

Ai sensi dell’art. 41, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015, l’apprendistato è definito come “contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani”.

Tale definizione conferma la natura di contratto formativo, che dal sinallagma “formazione - retribuzione/prestazione lavorativa” si struttura ed evolve in una duplice funzione, di pari valore, da raggiungere attraverso lo svolgimento della prestazione lavorativa (retribuita e contribuita) e la formazione obbligatoria e integrativa, con l’obiettivo di formare l’apprendista per l’acquisizione di una specifica qualificazione professionale.

L’art. 41, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 presenta le tre tipologie di apprendistato – come anticipato ricalcanti pressoché fedelmente le finalità e le peculiarità dei tre apprendistati disciplinati nel D.Lgs. n. 167/2011 - che recava il “Testo Unico dell’apprendistato” ora abrogato:

- PRIMO LIVELLO: apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (art. 43, D.Lgs. n. 81/2015);

- SECONDO LIVELLO:apprendistato professionalizzante (art. 44, D.Lgs. n. 81/2015);

- TERZO LIVELLO:apprendistato di alta formazione e di ricerca (art. 45, D.Lgs. n. 81/2015).

Di particolare interesse risulta essere la tipologia di II livello, ossia quella dell’apprendistato professionalizzante.

ll contratto di apprendistato professionalizzante è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale che verrà ottenuta a seguito della formazione prevista nel Piano Formativo Individuale.

I requisiti essenziali per l’instaurazione legittima di tale contratto sono diversi.

In primo luogo è previsto l’obbligo di assunzione di giovani di età compresa tra i 18 - 17 per chi è già in possesso di una qualifica professionale rilasciata dal sistema di Istruzione e Formazione- e i 29 anni.

La durata del contratto non può essere superiore a 3 anni, elevabili a 5 per particolari profili professionali nell’ambito dell’artigianato.

Il contratto di apprendistato, come anticipato, deve essere sempre accompagnato dal Piano Formativo Individuale (PFI), che deve contenere:

- i dati relativi all’azienda, all’apprendista e al tutor o referente aziendale;

- l’indicazione del profilo professionale o formativo di riferimento, tra quelli elaborati dalla contrattazione collettiva, con gli obiettivi da conseguire espressi in termini di conoscenze e competenze;

- le modalità di articolazione e di erogazione della formazione di competenza aziendale.

Un altro dei requisiti fondamentali per attivare un rapporto di apprendistato professionalizzante “ordinario” (escluso quindi l’apprendistato c.d. “in disoccupazione”), poi, è che il lavoratore non abbia già conseguito la qualifica, oggetto dell’apprendistato, con lo stesso o con altro datore di lavoro.

Se l’apprendista è già in possesso della qualifica, infatti, si avrà il disconoscimento del contratto agevolato per impossibilità di formare un soggetto rispetto a competenze già possedute.

Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 5 del 2013, ha stabilito che se il rapporto preesistente è stato di durata limitata, non si pregiudica la possibilità di instaurare un successivo rapporto formativo volto al raggiungimento delle competenze oggetto del precedente rapporto di lavoro.

 In questo caso, al fine di considerare legittimo il nuovo contratto di apprendistato, vanno verificate tre cose:

1) il rapporto pregresso non ha avuto una durata superiore alla metà di quella prevista dalla contrattazione collettiva per la qualificazione dell’apprendista;

2) il nuovo rapporto prevede un percorso addestrativo, nel piano formativo individuale, volto ad arricchire le competenze di base trasversali e tecnico professionali del lavoratore;

3) il nuovo rapporto prevede una riduzione della durata dell’apprendistato, contemperando il periodo svolto nel precedente rapporto di lavoro.

In materia di adempimento dell’obbligazione formativa da parte del datore di lavoro, infine, l’art. 42 del D.lgs. n. 81 del 2015 prevede per tutte le tipologie di apprendistato l’obbligatoria individuazione di un tutor o referente aziendale, avente funzioni di controllo del corretto svolgimento della formazione: tale figura deve essere in possesso dei requisiti individuati dalla contrattazione collettiva.

Le modalità di realizzazione del percorso formativo e i relativi adempimenti si distinguono, poi, in base alla tipologia di contratto di apprendistato.

Quanto all’apprendistato professionalizzante, la formazione è svolta sotto la responsabilità del datore di lavoro ed è integrata, nei limiti delle risorse disponibili, dall’offerta formativa pubblica, interna o esterna all’azienda, disciplinata dalle regioni sentite le parti sociali.

Le Linee guida per l’apprendistato professionalizzante del 20 febbraio 2014prevedono che la Regione comunichi al datore di lavoro, entro 45 giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto, le modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi e al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili.

La circolare ministeriale n. 18 del 20 luglio 2014ha specificato che tale adempimento costituisce un elemento di certezza per le imprese che, successivamente alla comunicazione di assunzione ai Servizi per l'impiego, saranno destinatarie di una informativa completa sui corsi organizzati, con indicazione delle sedi e delle date.

Tali requisiti generali devono poi essere integrati da quelli speciali previsti dalla contrattazione collettiva.

È opportuno ricordare che nel caso vi sia contestazione della apprendista circa la mancata erogazione dell’offerta formativa, “l'onere della prova in ordine all'effettiva attività di insegnamento impartita all'apprendista grava sul datore di lavoro(Corta d’Appello di Milano, sent. n. 392/2019 del 2 maggio 2019).

A tal fine non è sufficiente la prova che tra le parti sia intervenuto un accordo, essendo necessario dimostrare che, durante il periodo di apprendistato, sia stato effettuato un percorso formativo mediante l’attivazione di una delle opzioni indicate nel piano formativo individuale.

Il datore di lavoro, al fine di essere ritenuto esente da responsabilità circa la mancata formazione del giovane, deve provare che la mancata erogazione della formazione è dipesa dalla mancata tempestiva comunicazione delle relative informazioni da parte della Regione ovvero da cause imputabili all’apprendista.

Sul punto la Suprema Corte ha ritenuto che “è stato da tempo chiarito come, in tema di contratto di formazione e lavoro, l'inadempimento degli obblighi di formazione ne determina la trasformazione, fin dall'inizio, in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ove l'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto

agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e trasfusi nel contratto, ferma la necessità per il giudice, in tale ultima ipotesi, di valutare, in base ai principi generali, la gravità dell'inadempimento ai fini della declaratoria di trasformazione del rapporto in tutti i casi di inosservanza degli obblighi di formazione di non scarsa importanza” (Cass., sez. Lav, Sent. n. 16595 del 3/8/2020).

La medesima Corte ha poi proseguito, sancendo come “è consentito al datore di lavoro l'uso di una circoscritta discrezionalità nel realizzare il programma di formazione, che si traduce nella possibilità di alternare la fase teorica con la fase pratica tenendo conto delle esigenze dell'impresa. Tale discrezionalità non può mai spingersi fino ad espungere una delle due fasi dalla esecuzione del contratto, atteso che entrambe sono coessenziali. Ne segue che, QUALORAl'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza e l'inosservanza degli obblighi di formazione sia tale da non poter essere sanata in modo da consentire la formazione del giovane nel tempo stabilito, si giustifica la declaratoria di trasformazione del rapporto” (Cass., sez. Lav, Sent. n. 16595 del 3/8/2020).

Nel caso ivi esaminato dalla Corte Suprema veniva ritenuto corretto l’operato della Corte d’Appello, atteso che essa “sostanzialmente, ha dato atto dellanon indispensabilità della formazione cd. formale, evidenziando, come per la formazione interna effettiva, a fronte di una analitica descrizione da parte della società, il ricorrente non avesse adeguatamente dedotto la carenza della stessa (ossia il fatto storico dell'inadempimento), limitandosi sul punto ad allegazioni estremamente generiche, tanto da rendere superflua la prova di controparte” (Cass., sez. Lav, Sent. n. 16595 del 3/8/2020).

Dott. Alessandro Maggi

(Trainee Lawyer Qualified)

 

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