La nuova responsabilità medica: quali sono le novità?

 Si vuole trattare la disciplina della responsabilità medica, tema di ampia attualità soggetta a diversi cambiamenti nel corso degli ultimi anni.

La responsabilità da contatto sociale è una forma particolare di responsabilità contrattuale, che nasce però non da un “contratto”, bensì da un “contatto sociale”, ovverosia da un rapporto che si instaura tra due soggetti in virtù (non di un accordo tra le parti), ma di un obbligo legale, oppure come conseguenza di un altro rapporto contrattuale instauratosi tra soggetti diversi rispetto a quelli del “contatto sociale”.

A partire dal 1999 la giurisprudenza ha stabilito che le regole della responsabilità contrattuale si applicano anche ai rapporti che nascono da contatto sociale; in particolare, con la sentenza Cass. Sez. III, n. 589/1999, tale nozione è stata applicata al rapporto tra il medico del pronto soccorso, dipendente di un ente ospedaliero, e il paziente.

Pertanto, fino alla recente introduzione della Legge Gelli-Bianco la responsabilità derivante da errore medico nei confronti del paziente veniva ricondotta in ogni caso sotto il regime della responsabilità contrattuale dell’art. 1218 c.c.: quella della struttura sanitaria, in quanto con questa il paziente ha stipulato un contratto di spedalità; quella del medico dipendente dalla struttura sanitaria, in forza della sussistenza di un contatto sociale qualificato. In particolare, nel caso di danni arrecati al paziente dal medico dipendente di una struttura sanitaria, il medico rispondeva direttamente in forza del contatto sociale qualificato e la casa di cura rispondeva ex art. 1228 c.c. (“responsabilità del fatto degli ausiliari), con conseguente concorso di responsabilità da inadempimento ex art. 1218 c.c.

L'effetto principale, sul piano della disciplina, di una siffatta configurazione era rappresentato da una maggiore tutela per il soggetto danneggiato: invero, attraverso la responsabilità da inadempimento, il paziente danneggiato disponeva di un onere della prova meno gravoso e di un termine prescrizionale più ampio di quanto invece previsto dalle regole in materia responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ.

In particolare, nel modello di responsabilità da inadempimento il paziente poteva limitarsi a provare il titolo della pretesa e ad allegare l’inadempimento del debitore, mentre il debitore (il medico) doveva dimostrare di avere adempiuto o che l’inadempimento non era a lui imputabile.

La Legge Gelli-Bianco, per abbattere il rischio di una medicina difensiva e per introdurre un modello di responsabilità meno gravoso nei confronti dell’esercente la professione sanitaria, ha espressamente stabilito la natura aquiliana della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria per i danni cagionati per effetto del suo operato. All’art. 7, co. 3, della L. 24/2017, il legislatore ha stabilito, infatti, che salvo i casi in cui il medico agisca nell’adempimento di una obbligazione contrattuale assunta con il paziente, l’esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ex. art 2043 c.c., a nulla rilevando la presenza o il regime contrattuale intercorrente tra il professionista e la struttura sanitaria. La soluzione adottata dal legislatore costituisce un completo capovolgimento rispetto a quanto affermato, fino a quel momento, dalla giurisprudenza e da larga parte della dottrina.

L’art. 7 della Riforma Gelliprevede una bipartizione della responsabilità civile, differenziando la posizione della struttura sanitaria da quella dell'esercente la professione sanitaria. In particolare, a struttura sanitariarisponderà dei fatti illeciti compiuti dagli esercenti la professione sanitaria secondo le regole della responsabilità contrattuale, con importanti conseguenze in termini di prescrizione, onere della prova e danno risarcibile: il termine prescrizionale sarà infatti di dieci anni, il danneggiato dovrà semplicemente provare il titolo da cui deriva l'obbligazione (ad es. c.d. contratto di spedalità) rimanendo in capo alla struttura sanitaria la prova dell'esatto adempimento ovvero dell'inadempimento non imputabile, ed il danno risarcibile è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l'obbligazione, salvo che in caso di dolo. L'esercente la professione sanitaria, invece, sarà chiamato a rispondere del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile (salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente), cioè secondo le norme sulla responsabilità extracontrattuale, che prevedono - per quanto qui di interesse - un termine prescrizionale di "soli" cinque anni ed un gravoso onere della prova in capo al danneggiato, che dovrà non solo allegare ma provare il fatto illecito, il danno, l'elemento soggettivo ed il nesso eziologico tra condotta ed evento.

Ai fini della determinazione del dannola legge 24/2017 prevede da un lato che il Giudice tenga conto del grado di (mancata) adesione della condotta dell'esercente la professione sanitaria alle linee guida ed alle buone pratiche, e dall'altro che la determinazione dell'ammontare avvenga sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private.

Peraltro, la struttura sanitaria risponde sempre verso il paziente non solo per le proprie carenze organizzative o tecniche, ma anche per l’operato dei propri dipendenti e collaboratori. Si tratta di una responsabilità solidale del medico e della strutturaverso il paziente.

In questo senso, la Cassazione ha chiarito come l’accertamento del fatto di inadempimento imputato al medico non faccia venire meno i presupposti né della responsabilità della struttura per illecito dell’ausiliario (prevista dall’art. 1228 c.c.), né dalla responsabilità della struttura per colpa contrattuale (in base all’art. 1218 c.c.) (Corte di Cassazione Civile Sez. III sentenza 16488 del 2017).

Questo principio è stato affermato anche dai giudici di merito che, di conseguenza, hanno distribuito in modo paritetico o pro quota il danno tra azienda sanitaria e operatore (Tribunale di Milano sentenza 973 del 2018). Nel 2019 i giudici del Tribunale di Milano si sono nuovamente pronunciati sull’argomento, stabilendo che la struttura risponde in solido con il medico in base all’articolo 2055 del Codice Civile e, se non prova che il fatto dipenda solo dalla condotta del sanitario, la responsabilità va presuntivamente ripartita al 50 per cento (Tribunale di Milano sentenza 5923 del 2019).

Appare, infine, opportuno segnalare ai lettori che lo studio si è occupato recentemente di procedure, giudiziali e stragiudiziali, in materia di responsabilità medica e intende sottoporre alla Vostra attenzione un modello di diffida che inizialmente viene inviato alle strutture ospedaliere per l'accesso alla documentazione clinica (esame autoptici, cartella clinica, etc...).

diffida accesso documentazione

Dott. Emanuele giungi

Trainee Lawyer

 

 

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