L’assegno di mantenimento dei figli minorenni e maggiorenni: come si calcola e che cosa fare in caso di mancato versamento.

Si affronta la questione relativa al dovere ed al diritto in capo ai genitori di mantenimento dei figli, costituzionalmente riconosciuto all’art. 30 comma 1, che prevede come dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Ai sensi dell’ art. 316 bis c.c. vengono imposti dei limiti al dovere di mantenimento dei figli: infatti «i genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo».

Il succitato articolo del codice civile e gli artt. 147 e 148 c.c. esplicano il dovere comune ad entrambi i genitori di provvedere al mantenimento, che perciò non potrà gravare solamente su un coniuge, in particolare nei casi di separazione o divorzio. 

Durante il matrimonio non vigono norme stringenti per quanto concerne il mantenimento, in quanto è libera scelta dei coniugi scegliere le fonti necessarie per tale dovere.  

Nei casi di separazione giudiziale o divorzio la gestione delle necessità e bisogni della prole sono più complesse, e per tale motivo si richiede un intervento del Giudice; nei casi di separazione consensuale tale l’intervento sarà limitato solamente all’omologa, in quanto sono i genitori a trovare un accordo conforme alle necessità della prole, in caso di giudizio, occorrerà aspettare l’esito del procedimento giudiziale.

Il dovere di mantenimento vale per i figli minorenni e maggiorenni economicamente non autosufficienti, nonchè affetti da handicap gravi.

Vediamo nel dettaglio i singoli casi.

  1. A) Figli minorenni

Ai sensi dell’art. 337 terc.c., il Giudice stabilisce la corresponsione di un assegno periodico, a carico del genitore non collocatario a favore dell’altro genitore, e decide il quantumdovuto, tenendo in considerazione parametri quali i bisogni dei figli, il tenore di vita del figlio antecedente alla separazione o divorzio,il tempo trascorso dal figlio con ciascun genitore, le rispettive risorse economiche dei genitori e, infine, i compiti di cura e aiuto domestico assolte dagli stessi. 

L’assegno viene versato per collaborare alle spese ordinarie del figlio, prevedibili e riguardanti la vita quotidiana, mentre rimangono escluse le spese straordinarie, a ragione della loro natura imprevedibile, saltuaria e non calcolabile dal Giudice.

A causa della difficoltà di delineare una netta distinzione tra spese ordinarie e spese straordinarie, alcuni Tribunali hanno provveduto a stilare Linee Guida in modo da orientare gli addetti alla materia, senza però apporre alcun vincolo.  

In particolare, con una nota del 4/11/2017 la Corte d’Appello di Milano ha delineato le Linee guida nella determinazione delle spese extra assegno di mantenimento per i figli minori e i figli maggiorenni non economicamente indipendenti nel momento di separazione dei genitori”(http://milanosservatorio.it/wp-content/uploads/2017/11/OSSMI-LINEE-GUIDA-SPESE-STRAORD-FIGLI-14-11-2017.pdf), individuando sommariamente quali spese ordinarie:il vitto, la mensa scolastica, il concorso alle spese di casa (canone di locazione, utenze, consumi), l’abbigliamento ordinario, inclusi i cambi di stagione, le spese di cancelleria scolastica ricorrenti nell’anno, i medicinali da banco; sono definite, invece, spese straordinariequelle che presentano almeno una caratteristica tra l’ occasionalità, la sporadicità, la gravosità e la voluttuarietà.

Secondo l'art. 155 quaterc.c., non può essere considerata come componente dell’assegno  l'assegnazione della casa coniugale, in quanto finalizzato solamente alla tutela della prole.

La giurisprudenza, secondo quanto stabilito dall’art. 337 sexiesc.c., ammette l’ assegnazione della casa coniugale al coniuge che conviverà con la prole, in quanto «si tiene prioritariamente conto dell'interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell'ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate» (Corte di Cass. Civ. Sez. I, 12/10/2018, n. 25604, in Giustizia civile massimario 2018, cfr  Corte di Cass. Civ. Sez. I, 22/11/2010, n. 23591, in Diritto e Giustizia online 2010, Corte di Cass. Civ. Sez. VI, 4/10/2018, n. 24254, inDiritto e Giustizia 2018).

L’assegno periodico, destinato ai bisogni del minore, ma versato nei confronti del genitore collocatario, può subire della variazioni a seconda dei cambiamenti reddituali del genitore dovuti a un peggioramento della situazione economica personale ovvero un miglioramento di quella dell’altro genitore.

Ad esempio, la giurisprudenza ha ritenuto valida la richiesta di riduzione dell’importo dell’assegno di mantenimento, a monte dell’inizio dell’attività lavorativa, ovvero nuove fonti economiche, del genitore collocatario (Corte di Cass. civ. sez. I, 12/12/2003, n. 19042, in Dir. Famiglia 2004); oppure è stato riconosciuto un aumento dell’assegno in virtù della perdita dell’occupazione lavorativa da parte del genitore, necessitando così di una maggior collaborazione economica per far fronte alle necessità del minore (Corte di Cass. civ.  sez. I, 19/3/2012, n. 4312, inGiustizia Civile 2013).

In conclusione, il fine ultimo deve rimanere sempre l’interesse del minorenne a non stravolgere la propria vita a seguito di una separazione o divorzio e far in modo che le abitudini, lo stile di vita e standard economici rimangano il più possibile invariati.

  1. B) Figli maggiorenni economicamente non autosufficienti

Ai sensi dell’art. 337 septiesc.c. il Giudice può prevedere un assegno periodico anche per il figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente.

 La mancata autosufficienza economica è conditio sine qua non affinché il genitore separato o divorziato concorra al mantenimento del figlio maggiorenne, poiché nel caso in cui genitore provi che il figlio sia stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, ma senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta, l’obbligo di mantenimento viene meno (Trib. Salerno, 17/4/2018).

La cessazione dell'obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non autosufficienti deve essere fondata su un «accertamento di fatto che abbia riguardo all'età, all'effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all'impegno rivolto verso la ricerca di un'occupazione lavorativa ed, in particolare, alla complessiva condotta personale tenuta dal raggiungimento della maggiore età da parte dell'avente diritto» (Corte Cass. Civ. Sez. I, 22/6/2016, n. 12952, in Diritto e Giustizia 2016).

In ogni caso ai fini dell’esenzione del mantenimento rimane  necessario un provvedimento del Giudice.

Tuttavia la giurisprudenza ritiene che l’assegno vada versato nei confronti del maggiorenne quando «l'attività di lavoro precaria svolta da quest'ultimo non comporta un' indipendenza economica che possa giustificare l'esonero dei genitori dal suo mantenimento né la riduzione dell'assegno stesso»  (Corte di Cass. civ. sez. I 3/1/2011, n. 18, in Il Civilista 2011; cfr. Trib. di Treviso 1445/2015). La Corte di Cassazione Civ. Sez. I,  con la sentenza 22/06/2016, n. 12952 (in Diritto e Giustizia 2016) ha riconosciuto il diritto della figlia maggiorenne di godere dell’assegno di mantenimento anche successivamente al termine della laurea triennale, in quanto la figlia non aveva raggiunto l’indipendenza economica, non vi era prova che avesse rifiutato concrete opportunità lavorative ed inoltre aveva diritto di proseguire il propri studi, in quanto «la scelta è finalizzata ad un utile inserimento nel mondo lavorativo compatibile con le proprie inclinazioni e, in ogni caso, compatibile con l’età e le sue attuali condizioni socio-economiche».

In conclusione, il Giudice nello stabilire l’assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne deve valutare un’ insieme di fattori più stringenti rispetto a quelli per i minorenni, in quanto, in ragione della presunta maturità scaturente dall’età, vi è la possibilità di un’indipendenza economica e gli interessi quali il mantenimento delle abitudini, dei rapporti con i genitori al momento antecedente allo scioglimento del vincolo matrimoniale, possono essere meno rigorosi.

  1. C) Figlimaggiorenni portatori di handicap

L ’art. 337 septiesc.c. prevede che «ai figli maggiorenni portatori di handicap gravi si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minorenni».

In ragione del riconoscimento costituzionale del dovere e diritto di mantenimento della prole, il nostro ordinamento ha provveduto a sanzionare i casi in cui i genitori vengano meno ai propri obblighi verso i figli sia minorenni sia maggiorenni.

L’art. 12 sexies della L. 1/12/1970 n. 898 (richiamato dall'art. 3 della legge 8 febbraio 2006 n. 54),  abrogato dal D.Lgs. 21/2018, prevedeva l’applicazione delle pene di cui all’ art. 570 c.p. (reclusione fino ad un anno o con la multa da  centotre euro a milletrentadue euro) al coniuge che si sottraeva alla corresponsione dell’assegno di mantenimento.

Il D.Lgs. 21/2018, in esecuzione di una delle deleghe contenute dalla Riforma Orlando, ha introdotto l’art. 570bis c.p., rubricato “violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio”, che prevede l’applicazione delle pene stabilite dall’art. 570 c.p. anche «al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli». Da tale modifica del codice sono sorti dei problemi interpretativi poiché il riferimento della norma ad un solo coniuge, quale soggetto attivo del reato di violazione degli obblighi di natura economica di assistenza familiare, potrebbe far intendere che la disciplina non sia applicabile nel caso di assegni dovuti a figli nati fuori dal matrimonio.

Tale impostazione è divergente rispetto a quanto previsto dall'art. 570 c.p. che identifica quale soggetto attivo del reato il genitore, ammettendo una tutela della famiglia in senso ampio, non solo di quella fondata sul matrimonio.

L’art. 570 bisc.p. sembrerebbe punire solamente coloro che siano, o sia stati, uniti in matrimonio.

Di conseguenza, se i genitori del figlio non hanno contratto matrimonio e colui sul quale grava l’onore di mantenimento è inadempiente, quest’ultimo risulterebbe essere esente da ogni responsabilità penale.

Tuttavia l’esegesi letterale dell’art. 570bisc.p. in cui si contrappone la posizione dei figli nati in costanza di matrimonio e i figli nati da genitori conviventi, si pone in netto contrasto con la piena equiparazione svolta all’interno del diritto civile, come previsto dal Titolo IX, Capo II del codice civile.

L’imprecisione del legislatore e la successiva creazione di dubbi interpretativi sono stati in parte risolti dalla Corte di Cass. Pen. Sez. VI, con la sentenza 12/12/2018, n. 55744,  la quale ha puntualizzato che «l’unica interpretazione sistematicamente coerente e costituzionalmente compatibile e orientata, è quella dell’art. 570 bis c.p., che si limita a spostare la previsione della sanzione penale all’interno del codice penale, anche alla violazione degli obblighi di natura economica che riguardano i figli nati fuori dal matrimonio». La Corte giunge a tale conclusione in virtù della richiesta da parte della Legge Delega 103/2017 di un intervento di natura solamente compilativa, con il passaggio di reati già esistenti nel Codice, senza prevedere cambiamenti sostanziali.

Dott.ssa Giulia Sari

Trainee Lawyer

Condividi

Articoli recenti

Archivi

Tags