L’intervento in appello ex art. 344 c.p.c.
Preme oggi analizzare i termini e presupposti dell’intervento in appello.
La fattispecie è disciplinata dall’art. 344 c.p.c. in base al quale “Nel giudizio di appello è ammesso soltanto l’intervento dei terzi, che potrebbero proporre opposizione a norma dell’art. 404”.Di norma, chi non ha partecipato alle prime fasi del giudizio (ossia non ha preso parte al giudizio di primo grado) non può intervenire in appello. In caso contrario, infatti, si derogherebbe al principio del doppio grado di giurisdizione, dovendosi ammettere la proposizione di domande nuove da parte del terzo o nei suoi confronti.
Tale regola generale conosce, tuttavia, un'eccezione.
Si ammette l'intervento anche direttamente in appello da parte di chi sarebbe stato comunque legittimato a impugnare la sentenza con lo strumento dell'opposizione di terzo a norma dell'articolo 404 del codice di procedura civile, sia nella forma ordinaria che in quella revocatoria.
E' chiaro, quindi, che l'intervento di terzi in appello, laddove ammissibile, si configura come una vera e propria opposizione di terzo anticipata.
In tal caso, infatti, colui che interviene nel giudizio d'appello fa valere un diritto autonomo rispetto a quello delle altre parti in causa, che potrebbe altrimenti far valere contro la sentenza emessa in tale grado.
In tal senso si è pronunciata la S.C.: “legittimati a proporre l’opposizione di terzo ordinaria a norma dell’art. 404, comma primo, cpc sono unicamente i titolari di un diritto autonomo, incompatibile con quello riconosciuto nella sentenza opposta”(Cass. n. 10 ottobre 1998, n. 9868).
Legittimando l'intervento del soggetto che avrebbe potuto proporre opposizione di terzo, il legislatore non ha fatto altro che evitare che il giudice di appello emetta una sentenza che poi sarà presumibilmente impugnata con gli strumenti di cui agli articoli 404 e seguenti del codice di rito.
L’ammissibilità dell'intervento del terzo in appello è subordinata all'esistenza non di un pregiudizio effettivo, ma di un pregiudizio potenziale. Basta insomma dimostrare che la futura sentenza di appello faccia correre al terzo un rischio solo eventuale (cfr. Cass 15 ottobre 1955, n. 1569). In ogni caso, anche quando l'intervento di terzo in appello è ammesso, esso può essere solo principale, mentre sono inammissibili sia l'intervento adesivo che l'intervento coatto (su ordine del giudice o a istanza di parte) (cfr. Cass. 27 giugno 1997, n. 5766).
Il terzo che fa l'intervento, quindi, deve far necessariamente valere un diritto autonomo rispetto a quello che nel processo risulta già controverso. L'eventuale proposizione di nuove domande è legittimata dall'intervento stesso. Tale principio è stato confermato dalla Corte di Cassazione “L’opposizione di terzo è consentita quando tra le parti venga a crearsi una condizione di diritto che produca o possa produrre conseguenze in danni di un terzo, titolare di un diritto autonomo rispetto a coloro che hanno partecipato direttamente o indirettamente al precedente giudizio, ne consegue che chi da un giudizio, emesso fra altre parti, non riceve nocumento, non può contro il medesimo fare opposizione(Cass. 30 aprile 1952, n. 1227)
E ancora “Il pregiudizio atto a giustificare e legittimare l’opposizione di terzo può essere attuale o eventuale e può derivare, col passaggio in giudicato della sentenza opposta oltre che dagli effetti dichiarativi e costitutivi di essa, anche dalla sua esecuzione”(Cass. 12 maggio 1955, n. 1358)
Come anticipato, sono quindi previste due diverse forme di opposizione di terzo: l’opposizione di terzo ordinaria e l’opposizione di terzo revocatoria, come disciplinate dal primo e secondo comma dell’art. 404 c.p.c.:
1° comma“un terzo può fare opposizione contro la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti”
2° comma“Gli aventi causa e i creditori di una delle parti possono fare opposizione alla sentenza quando è l’effetto di dolo o collisione a loro danno”.
L'opposizione di terzo revocatoria è quella di cui al secondo comma dell'articolo 404.
Essa, in sostanza, è concessa ai creditori o agli aventi causa di una delle parti i quali potrebbero subire un pregiudizio di fatto nel caso in cui una sentenza sfavorevole al loro debitore o dante causa sia stata pronunciata per effetto di dolo o collusione in loro danno.
Sotto altro profilo, invece, l’intervento nella forma dell’opposizione di terzo ordinaria è il mezzo di impugnazione concesso al terzo che sia titolare di diritti assolutamente incompatibili con quelli affermati nella sentenza pronunciata tra le parti.
Ed è proprio sul pregiudizio che poggiano le ragioni a legittimazione della tutela giudiziale: esso non deve necessariamente essere attuale ma deve derivare dall'efficacia diretta del giudicato.
In dottrina si ritiene che la domanda proposta dal terzo con l'opposizione possa essere qualificata come domanda di accertamento negativo. Il terzo, in sostanza, mediante l'opposizione ordinaria chiede che gli effetti della sentenza non vengano fatti valere nei suoi confronti.
In ordine al termine ed alla forma dell’intervento in appello, sono gli stessi di quelli previsti dagli artt. 267 ss. c.p.c. relativamente al giudizio di primo grado.
Quindi il terzo deve costituirsi presentando in udienza o depositando in cancelleria una comparsa formata a norma dell'articolo 167 con le copie per le altre parti, i documenti e la procura.
Si allego un modello dell'atto opposizione 344
Dott. Emanuele Giungi
(Trainee Lawyer Qualified)
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